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La vita e le opere

Gaspare Spontini nacque a Maiolati il 14 novembre 1774 da Giovanni Battista e da Maria Teresa Guadagnini.

Suo padre era originario di Albacina (Fabriano), trasferitosi a Maiolati nel 1770, sua madre invece era nata a Monte San Vito. Ebbe tre fratelli ed una sorella, tutti avviati alla carriera ecclesiastica: Antonio divenne parroco di Maiolati; Venanzo,prima Filippino poi parroco a Rosora;

Nicola con il nome di Don Anselmo, monaco dell’ordine dei Silvetrini fu Priore ad Osimo;

Clorinda, con il nome di Maria Teresa Augusta divenne suora.

 Gaspare fu affidato alle cure dello zio paterno Don Giuseppe, parroco di S. Maria del Piano

a Jesi.

A Monte San Vito, presso lo zio materno, Don Pietro Guadagnini, un maestro del luogo, Quintiliani,

gli insegnò i primi elementi della musica che accrebbe successivamente con altri maestri di Jesi

e soprattutto con Don Niccolò Bonanni maestro di cappella della Collegiata di San Leonardo di Cupramontana, allora Massaccio. Ormai le capacità musicali di Gaspare persuasero i famigliari a farlo proseguire in questa direzione tanto che con l’aiuto di Serafino Salvati di Monte Roberto, da Roma raggiunse Napoli dove riuscì ad entrare nel Conservatorio della Pietà dei Turchini (1793).

Nel 1795 abbandonato il Conservatorio si trasferisce a Roma, dove compose il primo consistente lavoro, Li puntigli delle donne (1796), al quale fecero seguito altre produzioni musicali rappresentate oltre che a Roma, anche aFirenze, Napoli e Venezia.

Nel 1800 è a Palermo al posto del Cimarosa, suo maestro a Napoli, maestro di cappella di Corte del re di Napoli Ferdinando IV.

Dopo breve tempo però è di nuovo a Roma dove viene rappresentato nel novembre 1801 il dramma giocoso Gli amanti in cimento.

Si reca poi a Venezia per la messa in scena di Le metamorfosi di Pasquale (1802).

Nel 1803 giunge a Parigi e ben presto anche qui riesce e farsi conoscere e stimare.

L’11 febbraio 1804 al Théatre Italien presenta La finta filosofa e all’Opéra Comique il 12 maggio dello stesso anno La petite maison; poi è la volta del Milton (27 novembre 1804) che suscita entusiasmi e della Julie ou Le pot de fleurs il 12 marzo 1805.

Sono brillanti successi che inducono l’imperatrice Giuseppina a nominarlo “Compositore della Cappella di S.

M. l’Imperatrice e Regina” (1805), a lei Spontini dedica il suo primo importante lavoro La Vestale, andato in scena al Teatro dell’Accademia imperiale il 15 dicembre 1807 alla presenza di Napoleone Bonaparte che rimane colpito ed entusiasta della magnifica produzione del giovane maestro.

L’ opera ebbe un successo rilevante e duraturo anche negli altri vari teatri d’Europa.

Spontini ebbe non solo un rilevante riconoscimento da parte dell’imperatore, ma gli fu assegnato anche l’ambito premio decennale dell’Istituto di Francia attribuito alla migliore opera rappresentata durante il decennio.

A La Vestaleseguì, suggerito e sollecitato dallo stessoNapoleone, il Fernando Cortez (1809), opera grandiosa e di grande effetto.

Nel 1810 era un Maestro affermato e viene nominato Direttore dell’Opéra Italien.

Il 3 agosto 1811 sposa Celeste Erard (1790-1878) figlia di un celebre costruttore di pianoforti e di altri strumenti musicali.

Non ebbero figli, fu la sua “dolce sposa” come ebbe a chiamarla il Maestro e gli fu sempre vicina

nelle opere di bene e nell’amore che egli non mancò mai di manifestareper Maiolati.

Nel periodo della Restaurazione, Luigi XVIII nel 1814 lo nomina “Compositoredrammatico del Re”. Nel 1817 è naturalizzato francese e nello stesso anno il Re di Napoli lo designa come suo Maestro di Cappella.

L’anno successivo è nominato Cavaliere dellaLegione d’Onore di Francia.

Il 22 dicembre 1819 viene rappresentata la terza sua opera importante del periodo francese, Olimpia, che nel 1821, rimaneggiata e dedicata a Federico Gugliemo III di Prussia verrà

con grande successo data al Teatro Reale di Berlino. Il contratto decennale, rinnovato poi per altri dieci anni, con il Re di Prussia era stato stipulato nel settembre 1819 con il quale a Spontini veniva affidato l’incarico di “Primo maestro di cappella e di Soprintendentegenerale della musica

del Re”.

Nel luglio del 1822 rientra in patria ed è accolto con grandi feste a Maiolati, Jesi e Monte San Vito: Jesi e Monte San Vito lo aggregano al Patriziato delle loro città.

Ritornato a Berlino in un clima di meriti riconosciuti ma anche di amarezze e difficoltà, oltre

al rifacimento di alcuni suoi precedenti lavori, produsse tre nuovi capolavori, Nurmahal (1822),

Alcidor (1825), Agnese di Hohenstaufen la cui rappresentazione integrale della durata di quattro

ore e mezza fu data il 21 giugno 1829 alla presenza di un grande numero di principi e regnanti.

Questa fu l’ultima opera di Spontini, che rimaneggiò definitivamente nel 1837 dedicandola a

Celeste, sua sposa.

Nel 1830 in viaggio per Parigi si ferma a Weimar per incontrare Goethe cui era legato da forte

amicizia.

 Nel 1838 è in Inghilterra dove è accolto con grandi onori ed è nominato membro

dell’Accademia musicale londinese e ricevuto dalla Regina Vittoria.

Il 30 ottobre dello stesso

anno è di nuovo a Jesi e a Maiolati; in novembre è a Roma dove per incarico del papa Gregorio

XVI redige un “Rapporto intorno alla riforma della musica sacra” (1839), raggiunge poi Napoli

dove riceve le insegne di Cavaliere dell’Ordine di Francesco I. Subito dopo è nominato membro

dell’Accademia di Belle Arti dell’Istituto di Francia.

Rientra a Berlino nell’agosto del 1839 e, scaduto il secondo decennio di obblighi contrattuali,

nonostante che il successore diFederico Guglielmo III gli confermi stima, ammirazione e incarico,

Spontini rassegna le proprie dimissioni e rientra a Parigi nel 1842. Successivamente tra il 1842 e il 1843 è in Italia, nel 1844 in Germania, in Danimarca ed in Belgio. Nel 1845 papa Gregorio

XVI gli conferisce il titolo di Conte di S. Andrea, mentre altre onorificenze gli vengono

attribuite da re e principi.

Il 29 settembre 1850 è a Jesi e quindi a Maiolati.

Già malfermo in salute, ammalatosi, moriva per edema polmonare il 24 gennaio 1851.

Solo due anni dopo, il 19 marzo1853, il sarcofago con le spoglie del Maestro, fu sistemato definitivamente nella chiesa di San Giovanni inglobata nell’Ospizio per anziani da lui voluto.

Il cuore del Maestro invece, con le dovute autorizzazioni, fu consegnato alla vedova che lo portò con sé a Parigi.

Comune

Pregevole area naturalistica ricca di flora e fauna, al cui interno scorre il torrente Fossato. L'area è situata nella piega collinare che delimita il confine tra il comune di Montecarotto e quello di Poggio San Marcello. La morfologia del territorio, nata dalla stretta vicinanza dei versanti collinari, crea un bacino idrografico particolarmente ricco di acque superficiali in autunno e in primavera. Il torrente corre per 9,5 km prima di terminare nel fiume Esino, il principale corso fluviale della vallata provinciale. Il parco conserva ancora i ruderi dell'antico mulino che traeva forza motrice dalle acque del torrente. La natura rigogliosissima dell'area si dota di rare specie di fiori, tra le quali la felce e la dracontea.

La collina di Montecarotto fin dall’origine fu luogo di confine e di incontro tra il territorio di Senigallia e quello di Jesi. Pur avendo acquisito da molti secoli la connotazione di uno dei sedici castelli del Contado di Jesi, Montecarotto rappresenta idealmente l’incontro tra la vallata dell'Esino e quella del Misa. Il panorama che si ammira dalle mura di questa cittadina è splendido: lo sguardo è in grado di abbracciare quasi tutta la provincia di Ancona, accarezzando le vallate di fiumi sino ad incontrare le cime appenniniche e la Gola della Rossa. Il comune è facilmente raggiungibile dalla SP Arceviese e dalla SS 76; Jesi dista 18 km, Ancona 47, Senigallia 30. Autostrada A/14: uscita Senigallia oppure Ancona Nord. Stazione ferroviaria: Montecarotto- Castelbellino, linea Ancona-Roma, a 9 km.

Il significato del nome Montecarotto ha dato vita a numerose ipotesi pittoresche, come quella per cui il toponimo originario sarebbe stato Mons Iscariotae, cioè il paese di Giuda Iscariota, il discepolo traditore. Ironicamente si dice che si conserva in paese l'albero a cui Giuda si impiccò. In realtà il toponimo Montecarotto deriva dal latino Mons Arcis Ruptae, il “Monte della rocca distrutta”, una fortificazione impiantata in cima alla collina per la sua posizione strategica, e che già prima del XIII secolo era stata abbandonata. Nulla però si conserva di questa prima fase; forse nei resti rinvenuti sotto la Collegiata di Santa Maria si trova la risposta a questo “mistero”.

La prima notizia sul castello di Montecarotto risale al 1223, quando la giurisdizione laica del suo territorio era suddivisa tra i comuni di Senigallia e Jesi. Probabilmente in quegli anni il vescovo di Jesi istituì la pieve di Santa Maria Montis Arcerupte, assegnandole un territorio che includeva anche i castelli di Castelplanio, Poggio San Marcello e Rosora.

Frattanto iniziava l’espansione del comune di Jesi, al quale nel 1248 il cardinale Rainerio, vicario del papa, riconobbe il dominio su Montecarotto e altri castelli. Tuttavia il potere di Jesi divenne effettivo solo nel 1301, quando il vescovo Leonardo rinunciò ai suoi diritti feudali. Ciò per Montecarotto significò la liberazione dal vassallaggio, ma anche la definitiva appartenenza al Contado di Jesi, come uno dei più importanti tra i sedici castelli. Durante la festa di San Floriano, Montecarotto infatti era il secondo castello a deporre la propria offerta dopo Massaccio (Cupra Montana).

Il XV secolo fu piuttosto turbolento per Montecarotto, che insieme a Jesi fu governato per alcuni anni dalla famiglia riminese dei Malatesta. Dopo alterne vicende, nel 1431 Jesi riprese possesso del castello e a partire dalla metà del secolo, grazie all’acquisizione da parte dei proprietari locali delle terre comunali messe in vendita, ebbe inizio una fase di sviluppo destinata a durare due secoli.

Nel Cinquecento fu duro lo scontro fra la città di Jesi e il Contado, che chiedeva maggiore autonomia amministrativa e finanziaria. Sul finire del secolo e poi nel 1636 gravi pestilenze colpirono il territorio, riducendone drasticamente la popolazione. Tuttavia nei secoli XVI e XVII Montecarotto dimostrò una notevole vitalità, con il rifacimento delle mura, la commissione di opere d'arte per le chiese, il rinnovo dello statuto cittadino e una forte ripresa dell'agricoltura cerealicola.

Nel XVIII secolo ci fu un incremento della popolazione e le ostilità nei confronti di Jesi ripresero con nuovo vigore, ma i tentativi d’indipendenza furono tutti vani. Infatti, la vertenza si concluse nel 1752 col motu proprio di Benedetto XIV in favore della città. A questo stato di cose pose fine nel 1808 la costituzione del Regno d’Italia napoleonico: così cessò definitivamente l’antico rapporto tra Jesi e i castelli del Contado, che acquisirono autonomia amministrativa.

L’annessione delle Marche al Regno d’Italia nel 1860 significò per Montecarotto divenire capoluogo di Mandamento, nella cui giurisdizione erano compresi i comuni di Serra dé Conti, Poggio San Marcello, Castelplanio, Mergo e Rosora. Il Novecento vide Montecarotto partecipe degli eventi luttuosi causati dalle Guerre Mondiali; nel secondo dopoguerra la crisi demografica ed economica dei comuni lontani dalla costa ha interessato solo in parte la cittadina, che grazie ad una piccola imprenditorialità diffusa e alla tradizionale vocazione vitivinicola ha mantenuto la propria identità.

Percorso

Itinerario storico – culturale (visita al castello di Scisciano e Maiolati Spontini), spirituale (l’abbazia di Santa Maria alle Moie, di San Sisto e delle chiese rurali di Santa Liberata e San Pietro), ambientale (l’intero percorso è accompagnato dall’elemento acqua e dalla flora e fauna che caratterizza questo ambiente), paesaggistico (durante la visita sarà possibile gustare il tipico paesaggio campestre marchigiano, con vigneti ed oliveti).

Km 21 totali. Percorso a piedi (3h a/r) o in auto (1h a/r).

Difficoltà: facile. Strada per lo più asfaltata, con brevi tratti di carrareccia.

Tragitto:

Partenza dall’Abbazia di Santa Maria alle Moie (uscita Moie della superstrada statale 76) proseguimento per San Sisto, Scisciano e Maiolati Spontini.

Abbazia di Santa Maria alle Moie

Abbazia di San Sisto

Ponte di Scisciano e Mulino Marcelletti

Scisciano

Maiolati Spontini

Prima di scendere, percorrendo la strada “Boccolina” da Maiolati verso Moie, svoltare in fondo San Pietro, per visitare la piccola chiesa rurale di San Pietro.

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