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Punto di interesse

 

La nostra è la storia di tanti, è la storia di Calzinaz che declamava: “Mio nonno fava i mattoni, mio babbo fava i mattoni, fazzo i mattoni anche me... ma la casa mia dov'è?”.

I nostri nonni facevano vino, i nostri padri non avevano altra scelta che quella di aiutare a fare il vino, prima di intraprendere un’altra strada, la loro, e noi, i figli, noi non abbiamo aiutato nessuno a fare il vino, abbiamo preso direttamente un’altra strada, verso le città. Poi siamo ritornati a fare il vino. Innamorati e curiosi della città, ma vogliosi di unirla alla bellezza di questa Marca. Si dice che il vento faccia il suo giro e così la vite, ma non è un giro di vite il nostro.

Lavoriamo con due vitigni che qui sono nati e qui affondano le loro radici: il Verdicchio, che seduto su queste colline si fa ombra con la montagna, mentre allunga i piedi verso il mare, e il Montepulciano. Cerchiamo di rispettare la terra, seguiamo i suoi cicli naturali cercando di curare i suoi malumori, senza però propinarle intrugli chimici o pesticidi. 

Facciamo tanto a mano, anche se la zappa non è sempre poetica. Non maltrattiamo i nostri amici quando ci aiutano, in cantina abbiamo appena cominciato a vestire i panni di Panoramix giocando con i lieviti naturali e riducendo il contenuto di solforosa, ma senza voler sfidare ciecamente la sorte. Il nostro obiettivo è quello di produrre un vino in cui queste terre si riconoscano e noi riconosciamo loro, che sia digeribile e facilmente abbinabile.

Ci piace fare il vino, ma più di tutto ci piace berlo e berlo in compagnia di amici, ancor meglio se viziati da musica, fumetti e fotografia o solamente da grasse risate. Non vediamo il vino come fine ultimo, ma piuttosto come mezzo che ci ha sempre permesso di realizzare anche altro. 
In fondo, è solo vino quello che facciamo.

Alessandro, Beatrice e Daniela.

Comune

Pregevole area naturalistica ricca di flora e fauna, al cui interno scorre il torrente Fossato. L'area è situata nella piega collinare che delimita il confine tra il comune di Montecarotto e quello di Poggio San Marcello. La morfologia del territorio, nata dalla stretta vicinanza dei versanti collinari, crea un bacino idrografico particolarmente ricco di acque superficiali in autunno e in primavera. Il torrente corre per 9,5 km prima di terminare nel fiume Esino, il principale corso fluviale della vallata provinciale. Il parco conserva ancora i ruderi dell'antico mulino che traeva forza motrice dalle acque del torrente. La natura rigogliosissima dell'area si dota di rare specie di fiori, tra le quali la felce e la dracontea.

La collina di Montecarotto fin dall’origine fu luogo di confine e di incontro tra il territorio di Senigallia e quello di Jesi. Pur avendo acquisito da molti secoli la connotazione di uno dei sedici castelli del Contado di Jesi, Montecarotto rappresenta idealmente l’incontro tra la vallata dell'Esino e quella del Misa. Il panorama che si ammira dalle mura di questa cittadina è splendido: lo sguardo è in grado di abbracciare quasi tutta la provincia di Ancona, accarezzando le vallate di fiumi sino ad incontrare le cime appenniniche e la Gola della Rossa. Il comune è facilmente raggiungibile dalla SP Arceviese e dalla SS 76; Jesi dista 18 km, Ancona 47, Senigallia 30. Autostrada A/14: uscita Senigallia oppure Ancona Nord. Stazione ferroviaria: Montecarotto- Castelbellino, linea Ancona-Roma, a 9 km.

Il significato del nome Montecarotto ha dato vita a numerose ipotesi pittoresche, come quella per cui il toponimo originario sarebbe stato Mons Iscariotae, cioè il paese di Giuda Iscariota, il discepolo traditore. Ironicamente si dice che si conserva in paese l'albero a cui Giuda si impiccò. In realtà il toponimo Montecarotto deriva dal latino Mons Arcis Ruptae, il “Monte della rocca distrutta”, una fortificazione impiantata in cima alla collina per la sua posizione strategica, e che già prima del XIII secolo era stata abbandonata. Nulla però si conserva di questa prima fase; forse nei resti rinvenuti sotto la Collegiata di Santa Maria si trova la risposta a questo “mistero”.

La prima notizia sul castello di Montecarotto risale al 1223, quando la giurisdizione laica del suo territorio era suddivisa tra i comuni di Senigallia e Jesi. Probabilmente in quegli anni il vescovo di Jesi istituì la pieve di Santa Maria Montis Arcerupte, assegnandole un territorio che includeva anche i castelli di Castelplanio, Poggio San Marcello e Rosora.

Frattanto iniziava l’espansione del comune di Jesi, al quale nel 1248 il cardinale Rainerio, vicario del papa, riconobbe il dominio su Montecarotto e altri castelli. Tuttavia il potere di Jesi divenne effettivo solo nel 1301, quando il vescovo Leonardo rinunciò ai suoi diritti feudali. Ciò per Montecarotto significò la liberazione dal vassallaggio, ma anche la definitiva appartenenza al Contado di Jesi, come uno dei più importanti tra i sedici castelli. Durante la festa di San Floriano, Montecarotto infatti era il secondo castello a deporre la propria offerta dopo Massaccio (Cupra Montana).

Il XV secolo fu piuttosto turbolento per Montecarotto, che insieme a Jesi fu governato per alcuni anni dalla famiglia riminese dei Malatesta. Dopo alterne vicende, nel 1431 Jesi riprese possesso del castello e a partire dalla metà del secolo, grazie all’acquisizione da parte dei proprietari locali delle terre comunali messe in vendita, ebbe inizio una fase di sviluppo destinata a durare due secoli.

Nel Cinquecento fu duro lo scontro fra la città di Jesi e il Contado, che chiedeva maggiore autonomia amministrativa e finanziaria. Sul finire del secolo e poi nel 1636 gravi pestilenze colpirono il territorio, riducendone drasticamente la popolazione. Tuttavia nei secoli XVI e XVII Montecarotto dimostrò una notevole vitalità, con il rifacimento delle mura, la commissione di opere d'arte per le chiese, il rinnovo dello statuto cittadino e una forte ripresa dell'agricoltura cerealicola.

Nel XVIII secolo ci fu un incremento della popolazione e le ostilità nei confronti di Jesi ripresero con nuovo vigore, ma i tentativi d’indipendenza furono tutti vani. Infatti, la vertenza si concluse nel 1752 col motu proprio di Benedetto XIV in favore della città. A questo stato di cose pose fine nel 1808 la costituzione del Regno d’Italia napoleonico: così cessò definitivamente l’antico rapporto tra Jesi e i castelli del Contado, che acquisirono autonomia amministrativa.

L’annessione delle Marche al Regno d’Italia nel 1860 significò per Montecarotto divenire capoluogo di Mandamento, nella cui giurisdizione erano compresi i comuni di Serra dé Conti, Poggio San Marcello, Castelplanio, Mergo e Rosora. Il Novecento vide Montecarotto partecipe degli eventi luttuosi causati dalle Guerre Mondiali; nel secondo dopoguerra la crisi demografica ed economica dei comuni lontani dalla costa ha interessato solo in parte la cittadina, che grazie ad una piccola imprenditorialità diffusa e alla tradizionale vocazione vitivinicola ha mantenuto la propria identità.

Percorso

Partenza dall’area archeologica di Cupramontana, per poi proseguire per Follonica, San Paolo di Jesi e concludere a Staffolo.

Km 25 totali. Percorso a piedi (4h a/r) o in auto (1h a/r).

 

Difficoltà: media.

Strada di carrareccia, con brevi tratti asfaltati. Vari dislivelli di altezza.

Itinerario storico – culturale (l’antico acquedotto romano di Cupramontana, i resti del castello medievale di Follonica, il castello di San Paolo e di Staffolo), spirituale (il sito misterioso di Follonica), ambientale (il fenomeno dei Vulcanelli e dell’Acquasalata), paesaggistico (durante la visita sarà possibile gustare il tipico paesaggio campestre marchigiano, con vigneti ed oliveti).

 

- Area Archeologica di Cupramontana (Unico edificio rimasto intatto dell’antica Cupra romana: l’acquedotto, luogo anche conosciuto con il nome di “Barlozzo”, perché legato alla setta dei “Fraticelli”).

- San Michele (Frazione di Cupramontana e luogo dove sorgeva una chiesa medievale, ora visibile nel suo rimaneggiamento settecentesco. San Michele è luogo di passaggio per andare verso la collina di Follonica).

- Follonica (Antico castello di Follonica. A questo luogo sono legati eventi misteriosi e leggendari. Nella zona di Follonica si produce uno dei migliori vini Verdicchio doc).

- Contrada Battinebbia (In questa zona sono visibili i fenomeni dei Vulcanelli di Fango; era presente anche una fonte di ricca di sali minerali, l’acquasalata, ritenuta miracolosa e terapeutica. Fino agli inizi del ‘900 operavano nella zona, vista l’affluenza di gente a questa fonte, anche dei maestri vasai).

- San Paolo di Jesi

- Staffolo (Nel Paese è anche presente il Museo del Vino, dove sono conservati numerosi oggetti della tradizione contadina, legati alla lavorazione del vino).

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